"Ho avuto modo di stare con questi oggetti d'arte in diverse occasioni, di ascoltarli e di assorbirli.
La prima volta mi sono stati presentati e messi tra le mani avvolti nelle loro “custodie”, il primo umile e prezioso racconto di ciò che sono. Il libro su Camille Claudel è stato un tuffo al cuore proprio per quel fagotto di tela color storia dentro cui era avvolto. Pieghe disordinate e casuali di un tessuto ruvido e denso, capace di ricreare un luogo dentro alle dita e di portarti là, a conoscerne la storia.
Gli altri su Eugenio Montale, Emily Dickinson, Dino Campana, Tina Modotti, non sono stati da meno. Nessuno dei dettagli di cui sono fatti questi oggetti d'arte è casuale.
La seconda volta li ho visti occupare pian piano lo spazio espositivo in cui da lì a poco avrebbero incontrato il loro pubblico. Nel modo in cui, attraverso le mani delle autrici, si sono disposti nello spazio, in musicale accordo con ciò che quell'ambiente offriva, hanno raccontato un altro po' di come sono nati.
Ciò che in entrambe le occasioni mi ha colpito è stato proprio questo: il rapporto che queste opere hanno con la materia di cui sono fatte. Alla base c'è un lavoro attento e rigoroso di adesione prima di tutto alle personalità raccontate, al loro modo di stare al mondo e di vedere il mondo. Ma c'è anche tanto un lavoro di adesione ai materiali di cui ciascun libro è composto. Materiali che sono stati raccolti e collezionati con cura nel corso del tempo non con una precisa finalità - o forse non ancora con una precisa finalità - ma per il gusto di farlo, per semplice aderenza alla loro natura più profonda, per il loro essere in quel momento superflui. Le carte, i tessuti, i frammenti di cose utilizzati sono portatori di storie, e nell'incontro con le storie narrate in queste opere diventano altro, senza tradire la loro natura anzi rigenerandola.
In queste creazioni ho assaporato un'accuratezza tanto intellettuale quanto manuale, che risponde allo stesso rigoroso e paziente processo di presa e di rilascio, di assoluta aderenza alle cose e di “squisita indifferenza” che fa sì che il lavoro più complesso e faticoso appaia semplice, essenziale ed autentico.
Nati come un fermo immagine di un tempo forzatamente immobile, quello della pandemia, questi oggetti d'arte si rivelano vitali e dinamici perché nutriti del coraggio e della fiducia necessari quando si aspetta.
Sono un invito all'attesa, all'ascolto, alla partecipazione e non ultimo alla lettura, non tanto e non soltanto delle pagine di cui sono composti, ma delle cose e della vita che ci camminano intorno.
In questo non tradiscono la natura profonda della poesia, dell'arte e dei libri."
Maria Grazia Lacroce, storica dell'arte
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